In memoria di Johnatan Demme – Non solo musica

Alla sua scomparsa, è giusto rendere omaggio a Johnatan Demme. Celebrato per il suo Oscar con Il silenzio degli innocenti, ma io ricordo Qualcosa di travolgente: frizzante, ironico, duro a tratti, con una colonna sonora azzeccata e vibrante (a partire dal pezzo dei Troogs – wild thing – che sembra scritto apposta, 20 anni prima, per quel film).

 

Suonando e cantando De André a Torre del Lago (14/4/2018)

Spettacolo coinvolgente e inebriante ieri sera a Torre del Lago.
David Riondino ha portato in teatro La Buona Novella di Fabrizio De André, affidando il canto alla sorella Chiara e ai Khorakanè, integrati dal clarinetto di Fabio Battistelli e dal locale coro Incontrocanto.
La serata va narrata per renderne la bellezza e la forza.
Ascoltare brani profondi su note ispirate è cosa diversa dall’esperienza intensa – e immensa – di vederli cantati, musicati e recitati direttamente con l’anima dagli artisti che tengono il palco.
Si inizia con Davide Riondino che si presenta dimesso, con voce caduta ai malanni, scusandosi d’essere fioco e annunciando che lo spettacolo vedrà la voce solista maschile affidata al vocalist dei Khorakanè, Fabrizio Coveri.
Nella sezione introduttiva vengono proposti cinque brani classici di De André, tra i quali le emozioni vibrano su Rimini e La canzone di maggio, per chiudere con quello che salvò la professione cantautorale del poeta di via del Campo, la Canzone di Marinella.
Si viene al cuore della serata: tutti i 10 brani della buona novella, suonati, cantati, recitati, urlati l’uno di seguito all’altro, con i loro testi malinconici e graffianti, con le note che danzano e salgono e scendono a inondare la sala e i cuori.
Commozione fremente, testi sempre attuali, poesia in musica e pane per le menti.
Alla fine “Il testamento di Tito”, rilettura anarco-umanista dei comandamenti, vibrante ribellione alle convenzioni e alle ipocrisie, invito a riflettere sulla profondità dei sentimenti, sull’amore per l’altro e il diverso da sé, sull’errore dell’assoluto travestito da bene.
Poi, per la gioia che consente a tutti gli spettatori di unirsi al karma degli artisti, il bis di “Maria nella bottega del falegname”.
Performance eccellente, nella quale tutti sono bravi, con una menzione particolare per Fabrizio Coveri, capace di far vivere la passione dei brani condividendola con un pubblico attento ed entusiasta.

Genova, via del Campo 29 rosso

Questo è un luogo dell’anima. Se ci attraversò il brivido dell’emozione – allora giovani – nell’udire la prima volta i versi che cantavano gli sbandati, gli irregolari, i perdenti giocosi ed irridevano alle piccole ipocrisie, da quella voce mite e malinconica che pure sapeva farsi strada nei toni alti del rock di cui ci nutrivamo, è impossibile non provare commozione dinanzi alle immagini che ricordano Faber. Facendo rivivere il clima di complicità tra cantautori, già poeti della Genova di quegli anni, il legame con una città così particolare, difficile ed affascinante.
Una visita importante, densa di sentimento. Dolce e profonda nella sua levità.
Non senza cogliere il valore di quel verso scritto a mano: “Lui le insegnava a far l’amore e lei gli insegnava ad amare.”
Così vera, così dolce e profonda nella sua levità.