Gran Cayman – Il fascino delle onde

NOTE DI VIAGGIO

A seguire pubblico sensazioni, ricordi e impressioni dalla mia crociera intercontinentale.

Giorno dopo giorno, narrerò di luoghi sempre diversi.

Ogni articolo sarà corredato delle fotografie per me più significative, perché illustrano ciò che mi colpì o evocano le emozioni che vissi. Anche in relazione alla singolarità di ogni esperienza, il corredo visivo varierà di estensione e contenuti. Voglio chiarire che l’interesse, la bellezza e l’intensità passionale dei luoghi non è proporzionale al numero delle fotografie dei vari articoli.

Questa nota aprirà ogni articolo e mi scuso con i lettori se verrà a noia. Per evitarlo, basta saltarla!

L’isola di Gran Cayman offre una natura ricca e assai curata a far da contorno a insediamenti in gran parte di elevato livello abitativo.

Una terra per il turismo e per le residenze di lusso.

Un lusso che qui non viene ostentato, che non ha bisogno di gareggiare per il primato.

Tutto molto discreto, in un’ovattata quiete, che viene presentata tranquilla al punto da non conoscere delinquenza.

Un paradiso fiscale, com’è universalmente noto. Ma sorprende per l’assenza della volgarità che, nell’immaginario collettivo, s’accompagna all’accumulazione della ricchezza esentasse.

Le strade sono moderne e i collegamenti efficienti.

Si può godere della bellezza di una vegetazione varia, colorata, salubre e di un mare meraviglioso nei colori e nelle dolci anse che si susseguono percorrendo l’isola da costa a costa.

Non manca il richiamo alla pirateria, nei fantocci variopinti all’esterno dei locali che propongono il ruhm.

La distesa di rocce scure e appuntite chiamata Hell è un po’ deludente. Bassi e aguzzi picchi irregolari su una limitata superficie non valgono come attrazione. Ma forse l’attitudine a esaltare anche ciò che non eccelle è retaggio coloniale dalla tradizione inglese: ricordo quanto nella vecchia Albione si magnifichi Stonehenge, che vale assai meno dei ruderi nuragici della Sardegna.

Toglie il fiato, invece, la lingua di terra sulla quale le onde dell’oceano si infrangono veementi dopo essersi orgogliosamente gonfiate in flussi corti e possenti. La schiuma si alza sulle rocce e si spezza in un vortice di spruzzi finissimi, freschi, pungenti, profumati di sale. Una fitta e bassa distesa di piante grasse arriva fino a lambire la scogliera, a mostrare come la natura sappia racchiudere in spazi angusti i contrasti più arditi.

Viene voglia di fermarsi ore ad ammirare questo spettacolo: una miniatura di burrasca, una danza d’acqua e di brezza.

Certamente la parte più affascinante della gita.

Poi le coste continuano a fare capolino tra la vegetazione e le case costruite con il mare quasi all’uscio.

Il tempo di vedere, al volo, sculture lignee di animali locali, con un grande caimano grigio che occhieggia immobile sotto palme verde smeraldo.

Infine una sosta in spiaggia prima che la lancia ci riporti alla nave.

Miami – Billion dollars legend

NOTE DI VIAGGIO

A seguire pubblico sensazioni, ricordi e impressioni dalla mia crociera intercontinentale.

Giorno dopo giorno, narrerò di luoghi sempre diversi.

Ogni articolo sarà corredato delle fotografie per me più significative, perché illustrano ciò che mi colpì o evocano le emozioni che vissi. Anche in relazione alla singolarità di ogni esperienza, il corredo visivo varierà di estensione e contenuti. Voglio chiarire che l’interesse, la bellezza e l’intensità passionale dei luoghi non è proporzionale al numero delle fotografie dei vari articoli.

Questa nota aprirà ogni articolo e mi scuso con i lettori se verrà a noia. Per evitarlo, basta saltarla!

Miami, per come l’ho vista e mi è stata presentata, è una metafora dell’America che non posso amare.

Una città dalla storia breve e concitata.

La costruzione urbana iniziò soltanto alla fine dell’Ottocento.

Prima di allora, le coste assolate della Florida non attiravano l’insediamento dell’uomo, perché il caldo e le zanzare non ne facevano un habitat salubre.

L’evoluzione delle tecniche e della medicina e la divisione delle vocazioni commerciali donarono, decennio dopo decennio, ruoli economici e storici che portarono alla crescita esplosiva della città.

Dapprima valorizzata come ambita meta per i ricchi che sfuggivano ai freddi inverni del Nord, poi passata a paradiso per gli anziani, quindi stravolta e cambiata dalla massiccia immigrazione dei rifugiati cubani fuggiti dall’isola conquistata dal castrismo, successivamente rilanciata dalla funzione di base logistica per il commercio verso centro e sud-America, infine consacrata quale base di nuovi talenti artistici, nella moda, nella musica e nel cinema e rinvigorita l’economia del turismo, Miami, con la sua propaggine di Miami Beach, conta oggi circa 5 milioni di residenti e una ricettività turistica capace di accogliere più di 1 milione di ospiti l’anno.

La skyline cittadina è un susseguirsi di grattacieli a ridosso del mare e si caratterizza per le isole artificiali che sono divenute sedi per sfarzose abitazioni e alberghi di lusso.

La bellezza della costa affacciata sull’azzurro del golfo finisce per essere posta in secondo piano dalla gara all’esagerazione che si coglie nei profili degli edifici.

I grattacieli si arrampicano, affiancandosi e districandosi intorno a corsi intasati di traffico e, sul lato opposto, a viali pedonali stretti tra le alte facciate in vetro e metallo e le banchine che fermano le onde, in una gara disordinata a mostrarsi più slanciati, più arditi, più svettanti.

Le ville sono una successione ostensiva di grandeur e preteso pregio architettonico, in una mélange di stili che richiamano la vecchia Europa e il periodo coloniale, con gli yacht privati ancorati poco oltre i muretti d’ingresso e un irrisolto confronto tra la voglia di privacy e quella, soverchiante, di mostrarsi più ricchi dei vicini.

La vicenda di queste ville è emblematica. La loro proprietà coinvolse artisti acclamati e vincenti, che però ne fecero beni d’investimento e mai le resero loro effettiva residenza.

Il mito della ricchezza fa premio su tutto.

Le guide turistiche ci trascinano a vedere i fasti di Fisher Island per vantare i prezzi d’acquisto dell’una o altra costruzione, citando Al Capone come Ricky Martin, Sylvester Stallone come Gloria Estefan e così via, in una girandola di cifre fino a nove zeri.

Sembra che la storia locale sia quella dei miliardari che vi sono transitati, lasciando quelle ville che continuano a passare di mano.

Un’ubriacatura di “dollars” che suona vuota e, alla fine, inconcludente.

Sarà vero che noi europei non siamo capaci di fare business con la stessa disinvoltura degli statunitensi, che lo spirito selvaggio del capitalismo qui trova modo di scatenare l’accelerazione dell’economia, tuttavia in Europa le crisi sono meno crudeli e gli ammortizzatori sociali riescono ancora a lenire gli assalti delle recessioni.

Così le roboanti cifre dei valori immobiliari mi generano sconcerto e dubbi.

Un’affermazione della nostra guida mi colpisce, perché contiene una verità e un’incombente minaccia.

“L’invenzione dell’aria condizionata ha cambiato questa parte del mondo, portandola al successo residenziale ed economico”.

È così: dove prima era quasi impossibile vivere in tutte le stagioni dell’anno, quell’invenzione ha portato l’esplosione dell’afflusso turistico e ne ha fatto un centro di sviluppo.

Ma il condizionamento dell’aria – esagerato in quantità e diffusione – genera consumi energetici spaventosamente elevati.

L’altra faccia della metafora per me negativa dell’America è qui: l’uomo, per dominare la natura, consuma con insaziabile voracità i valori ambientali.

Resta vero quel che già molti anni fa si criticava della potenza economica americana e dell’american way of life. Se quel modello di sviluppo e di vita si estendesse a tutto il globo, il nostro pianeta soffocherebbe nell’inquinamento e nelle devastazioni ambientali in pochi decenni.

Un popolo che non ha radici storiche moltiplica i grattacieli non per carenza di spazio, ma per cercare sempre più in alto un’identità che gli difetta.

Non è un esempio da imitare, ma un comportamento da correggere.

Che il Presidente Trump esca dagli accordi sul cambiamento climatico e voglia costruire muri, davvero non è bene per il nostro futuro collettivo sulla Terra.

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Napoli da amare

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Arriviamo a Napoli, Anna e io, per la prima volta.

Scesi alla stazione centrale subiamo l’effetto degli stereotipi (negativi) con cui la città viene descritta. C’è caos, la folla si assiepa sotto i tabelloni che annunciano i ritardi e si ostinano a non indicare il binario per i treni più attesi e contesi.

Già quando entriamo nella Metro, invece, non ci pare d’essere in quella città pericolosa, disordinata, sporca a cui eravamo pronti.

Code ordinate alle macchinette per i biglietti, discreta pulizia degli ambienti, persone cortesi e serene. Stona l’avviso che mette in guardia contro i borseggiatori. La Metro sembra più tranquilla e sicura di quella di altre città. Niente di paragonabile a Roma, per dire.

Sistemato il bagaglio in albergo, usciamo per una ricognizione.

Siamo stanchi e scendiamo verso il mare. Bel panorama ma nessun locale dove mangiare qualcosa e abbiamo fame.

Torniamo in zona centrale.

Splendida pasticceria, nella quale l’appetito viene soddisfatto quanto il palato goloso.

Più distesi, cominciamo a passeggiare in direzione di piazza del Plebiscito.

Napoli ci stupisce e affascina.

Le sue vie centrali, via dei Mille, via Filangieri, via Chiaia, via Toledo, sono linde, ricche di negozi di alto livello, ben tenute.

Piazza del Plebiscito è una delle più belle e suggestive d’Italia.

I passanti sono numerosi e fitti. La gran parte di essi veste con un’eleganza insieme ricercata e spontanea. La bellezza è nei lineamenti, nelle espressioni, nel portamento, nelle mise che mescolano classicità e originalità. Il lusso è appena accennato e mai volgare.

Una cura di sé assai rara da trovare e che qui è diffusa ben più che in altre celebrate località.

Questo è il primo tratto che ci ha colpiti. Inatteso e seducente.

Sebbene si cammini in una città metropolitana, le persone non mostrano fretta, non soggiacciono alla pressione competitiva che si respira a Torino o Milano. Sebbene intente nelle loro occupazioni, mostrano attenzione e interesse a ciò che accade loro intorno e sono sempre ben disposte al dialogo con gli altri.

Parlano con arguzia e propensione all’ironia.

Pare che nella città il gusto per la vita, per un protagonismo qui e ora, sia elemento distintivo.

Nei giorni successivi ci dedichiamo all’ammirazione per le bellezze artistiche che a Napoli trovano una concentrazione davvero mirabile.

Dalla Cappella di San Severo – gioiello della magnificenza scultorea e carica di simboli ricercati dalla massoneria che la ispirò – a Palazzo Zevallos, al Palazzo Reale, al Museo di Capodimonte, alla Certosa di San Martino è un susseguirsi di stupori per le meraviglie architettoniche, pittoriche, scultoree, d’arredamento.

Una visita di pochi giorni impone una severa selezione dei luoghi da privilegiare. Certamente avremo perso altre bellezze.

Le riserviamo a quando ritorneremo.

Napoli l’abbiamo amata dal primo giorno.

Certamente è una città teatrale, sia come palcoscenico sia per i suoi cittadini, attori dell’arte di vivere.

Napoli è una città da amare, rispettare, onorare. Non solo perché tutti quelli che non sono juventini (e, tutti insieme, sono ancora la maggioranza di quelli che seguono il calcio) sperano che Insigne possa sollevare le mani al cielo festeggiando uno scudetto. Non solo perché Totò, Pino Daniele, Eduardo De Filippo, Massimo Troisi e ‘O sole mio sono monumenti mondiali dell’arte. Non solo per l’incantevole paesaggio della baia sotto il profilo austero e ambiguo del Vesuvio.

Soprattutto per il suo popolo: elegante e ironico, generoso e furbo, disilluso e capace di comprendere la felicità.

Elba – Isola mediterranea

Tra macchia mediterranea e mare

 

Ho visitato l’Elba per la prima volta. Non la conoscevo, non avevo neppure grandi aspettative. Mi ha sorpreso piacevolmente.

L’isola, nella sua contenuta dimensione, racchiude varietà e bellezza paesaggistiche che non hanno nulla da invidiare ad altre più celebrate.

Porto Azzurro è un paese carino e attraente, con i suoi vicoli e una passeggiata tra le due spiagge (da quella prospicente il porto alla Barbarossa), chiamata passeggiata Carmignani, che offre viste d’incanto, con scorci mozzafiato. Una vera “via dell’amore”.

Tutta l’area sud-orientale dell’isola presenta una ricca vegetazione mediterranea, con pini marittimi alti, orgogliosi e profumati e piante grasse, con fichi d’India che fanno ricordare la Sicilia. La brezza salmastra si mescola agli aromi dei fiori e dei boschi rigogliosi, in un’inebriante gioia olfattiva.

Molto carina è anche Marciana Marina, piccolo borgo marinaro con bei negozi.

Vivace e vario è Portoferraio, più grande e un po’ caotico, nobilitato dalla sua salita verso le fortezze, dalle quali il panorama dona tutti i colori del blu, con il cielo e il mare che si fondono e si sfidano, tra nubi candide e onde screziate di luce.

Per apprezzare la ricca eterogeneità delle spiagge è bene fare una gita in battello che sviluppi tutto il perimetro esterno dell’isola; da nord a sud è un susseguirsi di cale e piccole rive, alcune raggiungibili solo dal mare, altre sottili ad aprirsi sotto ripide discese. Si possono trovare quelle sabbiose, quelle di ghiaia bianche, quelle di sabbia nera, quelle con ciottoli minuti o con pietre più grandi. Davvero ogni amante della balneazione può trovare e scegliere la località che soddisfa le sue preferenze.

Splendido viaggio in settembre, agevolato dalla fine dell’alta stagione, evitando l’eccessivo afflusso turistico che avrebbe limitato il godimento della natura, del mare, della quiete, del silenzio rotto dallo sciabordio delle acque tirreniche.

Il mare era limpido, invitante, cheto e vivo, con trasparenze che ricordano certe escursioni caraibiche.

Elba da amare, Elba da rivedere.

Rocce sul mare

spiaggia Le Viste – Portoferraio

I colori del mare contro la scogliera