Canzoni nella vita e nella storia

“Il romanzo della canzone italiana[1]” di Gino Castaldo è un libro che si legge in un susseguirsi di ricordi ed emozioni.

Per quelli come me, nati negli anni Cinquanta, cresciuti con l’ideale di un mondo più libero e giusto, nutriti a rock e cantautori, passati attraverso il tramonto dell’orizzonte rivoluzionario del ’68 e approdati a una maturità più moderata ma ancora attenta ai valori, la narrazione dell’autore accende il falò della storia attraverso il filtro della musica.

“È solo musica leggera”, come canta Fossati, “ma la dobbiamo imparare”.

E vale la pena anche di capirla, di interpretare l’impatto culturale delle canzonette, che sono molto di più che questo.

Castaldo lo fa, con passione, con meticolosa ricostruzione, legandole in chiave tematica più che temporale.

Ne vien fuori un romanzo che è la storia dell’evoluzione della società, recitata dal succedersi delle mode musicali e dalla capacità degli interpreti, autori ma anche soltanto esecutori, d’essere epigoni dei desideri, delle aspirazioni, dei sentimenti collettivi.

Piacevole da leggere, il libro svela episodi poco noti e aiuta a meglio comprendere quei versi e note che furono colonna sonora dei nostri momenti migliori o che ci consolarono quando la vita girava storta.

Forse esagerando, talvolta, sensi e valenza, ma certamente facendo emergere quanto l’arte, nella forma della canzone abbia saputo rappresentare, questo libro ci accompagna a ripercorrere una lunga fase del cammino del Paese, dal miracolo economico al declino post-industriale, e della nostra vita.

 

[1] Gino Castaldo: Il romanzo della canzone Italiana – Ed. Einaudi – 2018

Gianrico Carofiglio – Testimone inconsapevole

Poiché la mia vena narrativa volge il timone sempre più nettamente verso il genere poliziesco, ho deciso di leggere le opere degli autori italiani che vanno per la maggiore nei vari rami del genere “giallo”.

Carofiglio, che è un ex magistrato, si cimenta nel legal thriller.

Confesso che prima d’ora non conoscevo la sua prosa.

Ho scelto, per questo, il suo primo romanzo: “Testimone inconsapevole”.

Ne sono rimasto conquistato.

Non tanto per la storia in sé. La trama non è particolarmente originale, non c’è suspense e manca l’adrenalina.

Il romanzo è la descrizione di un percorso. Capita che si maturi per eventi inattesi, per un vento che investe attraversando la strada polverosa della vita.

Così accade all’avvocato Guerrieri. Persona schiacciata dalla mediocrità delle sue scelte, dall’incapacità di prendere decisioni coraggiose, ma, soprattutto, dal rifiuto di guardare dentro sé stesso e di trarne la forza che può nascere solo dall’accettazione di sé e dalla voglia di prendere in mano il futuro.

Gli accade di doversi cimentare, dapprima di malavoglia, ma via via con sincera passione, con un caso difficile da cui dipende la vita di una persona che rischia di esser travolta dalla facile ricerca del mostro come risposta a un delitto efferato.

Cresce, in lui, la consapevolezza di quanto può impegnarsi e giocare nella giostra del processo. Altrettanto cresce la sua dimensione di uomo, la riconquista della dignità personale. La perizia professionale che riesce a esprimere si fonda su una ritrovata fiducia sulle proprie doti etiche e morali. Le vicende esistenziali si intersecano, anche nel riemergere dei ricordi, con la trama gialla.

Il racconto descrive l’evoluzione dell’uomo e dell’avvocato. Il romanzo procede e la tensione umana monta fino a impennarsi nel finale, con toni che muovono a commozione ancor più che ad ammirazione per la finezza argomentativa dell’arringa.

Un bel romanzo, che travalica ampiamente i confini della narrativa di genere per diventare un racconto di vita, degno della miglior letteratura mainstream.

Non solo letteratura

Una delle domande ricorrenti (obbligate?) che vengono proposte agli scrittori durante le interviste riguarda le loro letture.
Cosa leggi, chi ti ha influenzato, a quali autori si ispirano il tuo stile e il tuo genere?
La risposta non è facile. Tutti pensiamo di essere del tutto originali, sol perché quando iniziamo a scrivere seguiamo un’idea e delle sensazioni istantanee e mai abbiamo in mente altre opere o altri autori.
Riflettendo a posteriori, rileggendo quel che abbiamo scritto con sufficiente distacco, ci accorgiamo, del contrario: molte letture, recenti o passate, hanno lasciato il segno nei nostri pensieri e nel nostro agire, riversandosi poi anche negli scritti che produciamo.
Fatto quest’esercizio, possiamo accostarci alla domanda con meno imbarazzo e tentare una risposta sincera, che sarà utile a chi ci interroga come anche a noi stessi.
Per parte mia, guardandomi nello specchio dell’anima, scopro che influenze profonde mi son venute non solo da alcuni scrittori, ma altrettanto – son certo ancor più – da saggi su temi disparati.
Ecco il ricordo del libro che più amai leggere: Le nozze di Cadmo e Armonia, di Roberto Calasso.
Un’opera stupenda per la capacità di portare il lettore nell’atmosfera incantata, nella torbida leggiadria della mitologia greca attraverso la quale si colgono le basi della nostra cultura. Mito e storia, psicologia fitta di contrasti e amicizie e amori incredibili. Decritti con una pulizia ed eleganza linguistica che non teme pari. Un’atmosfera che mi rapì e che torna in sottofondo quando la mia fantasia vola sulla tastiera. Un saggio che ha la il fascino estasiante e rilassante di un romanzo
Restando alla saggistica, la mia propensione a disegnare scenari, a immaginare le evoluzioni del quadro storico nel quale collocare la mia trama certamente risente degli studi e delle intuizioni dei grandi sociologi e architetti visionari. I primi a illustrare le dinamiche dei rapporti sociali, le derive e le fratture del sentire collettivo e delle loro radici materiali. I secondi a descrivere come l’ambiente costruito non sia antinomico a quello naturale e come l’urbanesimo possa essere guidato dentro la progettazione di città intenzionali.
Né posso dimenticare gli economisti che mi insegnarono a capire che il mercato non è mera somma di comportamenti individuali (e neppure razionali), i testi di diritto che delineano le regole della cittadinanza e, soprattutto, gli storici che svolgono il filo delle fasi che hanno portato ai nostri tempi. Cito, per tutti, Fernand Braudel, la cui lettura mi avvinse quasi più che quella dei romanzi d’avventura.
Sulla base di queste premesse sarei pronto a rivelare quali scritti letterari prediligo, chiarendo che finora mi sono nutrito più di studi scientifici che di romanzi.

 

Ricordando Ursula Le Guin

Ursula Kroeber Le Guin se n’è andata il 24/1/2018
La sua opera andò molto oltre la letteratura di genere. La sua fantasia animò mondi che facevano emozionare, riflettere e cantavano di sentimenti nobili, di amore e comprensione, di compassione e passione, di avventura e intelligenza. La amai sin dalla lettura di “La mano sinistra delle tenebre“, il primo dei suoi romanzi che incontrai nella mia frequentazione della letteratura fantastica. Subito compresi che lei si elevava dal “genere” e che meritava di essere considerata una grande della letteratura senza aggettivi.

Eccezionale, tra le sue opere, “La falce dei cieli” dove i sogni del protagonista cambiano continuamente il mondo nel quale si risveglia.
Grazie, Ursula, per averci regalato sogni, utopie, buone sensazioni, domande a cui cercare risposte anche nella nostra vita sociale.