Sono Diomede Gabuzzi. Faccio il poliziotto. Cominciai come giovane commissario, poi vinsi il concorso come vicequestore aggiunto. Ho vocazione e talento di profiler. La storia delle mie indagini nasce dalla fantasia di Giorgio Peruzio. Siamo, per ora, al terzo romanzo. È tempo che spighi qualcosa di me, delle mie origini, del mio percorso, della mia vita. Nei romanzi si trova molto, ma non abbastanza. Qui porterò elementi per conoscermi meglio.
L’ultimo romanzo che hai tra le mani, con la sua concretezza, con l’immagine di copertina che sembra incrociare lo sguardo con il tuo, appena pubblicato, ti riempie di legittimo orgoglio. L’editore lo ha approvato, merita di gettarsi nella mischia del mercato.
Per te, non è una questione economica: i diritti d’autore sono infimi e soltanto vendite a 4 zeri li renderebbero fruttosi. Un livello che in Italia raggiunge appena un numero ridottissimo di libri.
Trovare lettori è un’ambizione tutta emozionale: significa entrare in rapporto con la sfera intellettiva e sentimentale di persone che ancora non conosci. Significa che l’opera della tua fantasia e del tuo ingegno è apprezzata.
Quando non si è autori professionisti – nel senso che non ci si mantiene con il mestiere dello scrittore – ogni romanzo è, prima di tutto, un’espressione del proprio sentire, un’esperienza liberatoria e coinvolgente, una fuga e un ritorno alla realtà con la mente e l’animo più leggeri. Raramente ci si preoccupa del potenziale lettore e gli sforzi di affinamento stilistico, come quelli di garantire potere evocativo alla storia, coerenza alla trama, sono una sfida con sé stessi. Un’evoluzione cercata, romanzo dopo romanzo.
Poi arriva l’editing. Il tuo romanzo è stato accettato per la pubblicazione, hai firmato il relativo contratto e l’editor ti richiama a limare, tagliare, cambiare. Il grafico ti propone una copertina, sulla quale hai poco spazio di contestazione. Sempre l’editor sceglie il tiolo, spesso dopo il rimbalzo tra quello che avevi proposto e tante diverse soluzioni.
Con un’ottica rivolta al potenziale di vendita.
Nella mia personale esperienza, l’editing si è via via alleggerito (spero in ragione di una crescente qualità dei miei lavori). Al contrario, su titolo e copertina la discussione rimane fitta e intensa.
Alla fine, metto l’ok al “si stampi”.
Il libro è pronto.
Per la promozione non posso contare sull’editore, che è piccolo e non ha tante risorse da impiegare per farla.
Mi muovo come so e come posso, creando occasioni, postando sui social.
A monte, i dubbi su quali siano i punti di interesse e di attrazione che possono lanciare il mio romanzo.
E si arriva al dunque.
Quando un simpatico e arguto book-blogger lo chiede senza fronzoli.
«Perché dovrei comprare il tuo libro?»
Chiaro, essenziale, brutale, ineludibile.
Gli sono grato: non posso sfuggire al mostrarmi quale mi sento e penso di essere, a spiegare il valore che attribuisco a quel che ho scritto.
La risposta (che vale per tutti e quattro i romanzi della serie sulle indagini del vicequestore Diomede Gabuzzi), in diretta nella presentazione collettiva del gruppo A.Ca.b. al Bagno Nettuno di Viareggio, nella registrazione del video visibile al link sottostante.
Se sia efficace, se incontri la curiosità del pubblico, se sia capace di fascino, lo capirò dagli effetti e dalle reazioni.
Vivo un periodo difficile. Il 22 aprile mi ha colpito una paresi di Bell. Vissi già un’analoga pesante esperienza otto anni fa. Non è sindrome grave, ma è parzialmente invalidante e rende gravosi atti elementari della vita. La paralisi del lato destro del viso – conseguenza del crollo del nervo trigemino – ostacola la masticazione, il bere, il parlare. L’aspetto più doloroso e pericoloso è l’incapacità di chiudere completamente l’occhio. L’ammiccamento non riesce e la cornea si secca, si va avanti a continue gocce di collirio per tutto il giorno e occorre proteggere l’occhio durante il sonno. Gli occhiali da sole sono obbligatori all’aperto.
Le cure – dopo il cortisone, vitamina B, agopuntura e fisioterapia – avviano un recupero lento e faticoso.
Così, dopo quasi tre mesi, sto appena ora ricominciando a uscire.
Per chi ama leggere e scrivere, come me, la perdita di efficienza visiva è terribile.
Vorrei riversare in una sorta di diario letterario questo viaggio attraverso la notte – intitolerei così il racconto – ma non trovo le energie e la serenità oculare per farlo.
In questa personale temperie è arrivata la pubblicazione del romanzo che avevo ultimato già lo scorso anno.
La fase di editing mi è riuscita faticosa, ma mi restituito il gusto del fascino della storia, della costruzione della trama, dell’affinamento dello stile.
Narro della quarta indagine del vicequestore Diomede Gabuzzi dopo la nomina alla Questura fiorentina.
Anche questa volta dovrà affrontare una sfida di alto livello, contro nemici sfuggenti, astuti, ambiziosi, cinici fino alla crudeltà.
Il profiler sarà messo a dura prova, fino alla tragedia vissuta in prima persona.
Rischierà d’essere escluso dall’inchiesta, ma il forte legame con la sua squadra lo vedrà ancora protagonista decisivo per l’esito della caccia ai colpevoli.
Sullo sfondo il mercato dell’arte, i suoi vicoli misteriosi, l’indeterminatezza delle variabili, l’intreccio opaco tra passione per la bellezza e smania d’affari.
Rileggerlo mi ha dato motivazione nel continuare a coltivare il personaggio del mio vicequestore e del caleidoscopio di protagonisti che lo accompagnano o ne incrociano l’attività e la vita.
Spero offra emozioni e buoni stimoli anche a chi vorrà leggerlo.
Ogni presentazione fa storia a sé. Diventa un’occasione per scoprire aspetti legati al romanzo sui quali prima non si era riflettuto.
Alla Biblioteca Comunale di Viareggio, stimolato dal come sempre arguto Umberto Guidi, iniziai spiegando – forse a me stesso per primo – quale fosse la ragione per cui scrissi “Nero come la moda”.
C’era, al pari degli altri romanzi, il desiderio di inventare una storia, di far nascere e incontrare personaggi.
La trama poliziesca, o noir, come la interpreta Umberto Guidi, mi serviva, tuttavia, per coinvolgere i lettori su un tema di forte attualità: l’inquietante pervasività della comunicazione via social e il rischio che, attraverso la rete, siano operate manipolazioni delle opinioni e dei comportamenti degli utenti.
Ho cercato di rappresentare questa preoccupazione descrivendo un’operazione criminale all’interno del mercato della moda pronta.
Forse la chiave sta in una considerazione che ho fatto esprimere dalla mente del pool giudiziario che gestisce le indagini.
“C’è un confine sottile tra convincere e abbindolare. Per dare verità giuridica alla realizzazione della seconda ipotesi, agiremmo su capitoli penali assai labili e incerti.”
Perché, come spiego nella presentazione pubblicata sul mio canale Youtube (che si può vedere al link riportato sotto) due miti vano sfatati:
la privacy – in rete non è possibile difenderla, al di là delle garanzie legali formalmente rispettate;
la democrazia – vero che ciascuno può intervenire e pubblicare il suo pensiero, ma il valore del post (cioè l’effettiva capacità di diffondere e far condividere il proprio) dipende dal potere di influenza, consolidato da pratiche tecnologicamente evolute e da disponibilità di mezzi (finanziari, comunicativi, relazionali). Sicché uno vale uno, ma alcuni valgono multipli, incommensurabilmente più forti.
Il confine tra letteratura di genere e mainstream, come quello tra saggistica e narrativa, può essere sottile.
Scrivere (e leggere) per divertirsi, ma anche per interrogarsi sul presente e sul futuro.
“Nero come la moda” è il mio ultimo romanzo pubblicato.
Nell’ambito del programma organizzato dall’Associazione Medusa per l’estate 2022, il Bagno Marusca di Lido di Camaiore ha ospitato la presentazione del libro in una cornice accogliente e affascinante.
L’occasione è stata preziosa per i commenti, sempre puntuali e articolati, dell’amico Umberto Guidi, che ha analizzato contenuti e stile con la consueta profondità di chi ama leggere e sa scavare nelle ispirazioni e delle storie.
Per l’autore è una interessante scoperta sentire cosa abbia colpito un lettore attento e capace di rilievo critico.
Così ho potuto, insieme al commentatore, entrare nei motivi che generarono la storia e spiegare cosa fu per me scriverla.
Un incentivo a proseguire nello sviluppo dei personaggi che l’hanno animata e a coinvolgerli in nuove avventure. Che sono già in gestazione.
Per chi volesse accostarsi al mio romanzo, questo è il link del video, pubblicato sul mio canale youtube, che riproduce l’intera presentazione.
C’è un nuovo luogo per eventi e incontri a Massarosa.
Poche decine di metri sopra la via Sarzanese Nord è stata attrezzata un’area verde dedicata a ospitare momenti di convivialità artistica.
Lo si deve all’impegno di appassionate organizzatrici, che hanno messo in calendario una ricca successione di appuntamenti.
Tutto questo, sotto l’insegna “Nemeton – The Place”.
L’allestimento è grazioso e piacevole, con un grande spazio vuoto al cui fondo si colloca il palco e, intorno, sedute e tavoli.
Ho avuto la fortuna d’essere invitato a collocare la presentazione del mio ultimo romanzo, “Nero come la moda”, la sera del sabato 11 giugno.
La proposta artistica era articolata: arte culinaria, letteratura, musica.
Splendida occasione, aperta dalla cassettina veg da cultura biologica dell’Agriristorante La ficaia.
Saziato l’appetito e vellicato nel gusto, mi sono dedicato alla presentazione del romanzo, con l’aiuto dell’amico Giulio Marlia, maestro di cinema con eccellente cultura letteraria.
Avendo in sottofondo buon jazz ho illustrato, rispondendo alle domande di Giulio, il senso e i contenuti della storia che ho appena pubblicato.
Era la prima uscita pubblica e la prima volta che mi cimentavo in una piccola arena nella quale la parte letteraria era appena un intermezzo.
Ho tentato di essere in sintonia con la situazione.
Potevo far meglio, essere più disinvolto, metterci maggiore empatia.
Ma è stata la base per approfondire i temi di “Nero come la moda”.
Senza fare spoiler, penso di aver centrato l’obiettivo.
Nelle prossime uscite pubbliche lascerò spazio al dialogo, terrò meno astratti i temi.
Intanto, propongo questa prima presentazione, che spero incuriosirà chi leggerà questo articolo e lo invoglierà ad accostarsi a questa nuova, complessa indagine, del vicequestore Gabuzzi. In bilico tra dilemmi giuridici, spregiudicato uso (e abuso) dell’intelligenza artificiale, metodologie d’investigazione non ortodosse.
Il Premio Internazionale Michelangelo Buonarroti è un concorso che si articola sul complesso delle arti visive. Quattro sezioni interessano l’area della letteratura mentre le altre sono dedicate alla pittura, alla scultura, alla fotografia e digital art.
La sesta edizione raccoglie le opere candidate nel 2020 (anno sospeso dalla pandemia) e nel 2021.
I lavori sottoposti alla giuria, per le varie categorie, hanno superato quota 2000.
Avevo iscritto tre poesie alla sezione A (Poesie a tema libero) e il mio ultimo romanzo edito alla sezione D (Narrativa edita).
Per un autore poco conosciuto, che pubblica con piccole case editrici, privo di canali di promozione, la partecipazione a un concorso letterario è un test significativo. Vuol dire essere letto da giurati competenti, uscire dalla cerchia dei pochi amici che ti leggono per curiosità o per simpatia, provare a cimentarsi nel mare aperto. Non del “mercato”, ma della “letteratura”.
Per una poesia inedita (Un soffio dal cielo, dal largo) mi è stato attribuito un attestato di merito. Piccolo riconoscimento del mio impegno artistico.
La soddisfazione maggiore – e vera – viene, invece, dal Diploma d’onore con menzione d’encomio per il mio Delitti e ricette (Ed. Portoseguro FI) nella sezione narrativa edita.
Un premio di terzo rango, non tra i 4 vincitori o tra i 15 finalisti della categoria. Non devo, quindi, esagerarne il valore. Tuttavia, considerato l’alto numero di partecipanti e la qualità del concorso, essere tra i menzionati con onore è un buon incoraggiamento per la mia ancor fresca attività di scrittore. Vuol dire che le mie trame gialle e il mio stile non omologato alle leggi del ritmo e delle convenzioni possono trovare spazio e attenzione tra gli amanti della letteratura.
Che in Italia son troppo pochi.
Ma non bisogna arrendersi. Forse l’avvento dei social non riuscirà a far scomparire il valore dei libri nell’immaginario collettivo.
Quando si presenta un libro il taglio della discussione e degli approfondimenti dipende da molti fattori.
Se si va “a ruota libera”, senza alcun accordo precedente, come sempre preferisco, possono emergere temi e punti di osservazione nuovi, che aprono a spunti legati non solo al romanzo in sé, ma pure alle fonti di ispirazione, al legame tra lo scrivere e l’esperienza dell’autore.
O si può meglio descrivere il protagonista, con particolari che nella trama non compaiono ma ne sono presupposti o corollari decisivi per caratterizzarlo (e, forse, per meglio comprendere i suoi comportamenti nei singoli episodi della narrazione).
Così è accaduto al Bagno Pietrasanta.
In un breve, ma intenso, dialogo, con Gianni Fratini, che ospitava l’incontro, ho avuto l’occasione di “divagare”, offrendo curiosità e dettagli oltre la storia di “Delitti e ricette”.
Per questo credo possa essere interessante ascoltare la presentazione.
Ospite del Bagno Marusca, a Lido di Camaiore, a fianco dell’elegante pontile da cui si possono ammirare le onde bianche e spumeggianti del mare versiliese, nell’ambito del ciclo organizzato dall’Associazione Medusa, nella serata di venerdì 17/7 ho presentato il mio nuovo romanzo.
A discuterne con me, con analisi stimolante e approfondita, con domande e spunti puntuali, pertinenti e talora garbatamente provocanti, il giornalista Umberto Guidi, che si è cimentato nel commento dell’indagine del vicequestore Gabuzzi, con la professionalità di un lungo mestiere e l’affettuosa stima che ci lega.
Ogni volta che ci si confronta con lettori attenti, che divengono preziosi critici, si scopre qualcosa della propria opera. Aspetti e situazioni che emergono al di là e oltre l’intenzione dell’autore. Specie nel legare l’ispirazione delle storie alla propria esperienza biografica.
Sviluppare tale dialogo è bello e arricchisce.
Come l’emozione si sposa al sentimento e all’intelligenza del cuore nel cogliere la partecipazione del pubblico che ascolta e tenta di conoscere le sensibilità dell’autore.
Momenti per me assai positivi, raccolti nel video che riproduce gran parte dell’incontro.
A Firenze, il 9/6/2021, il mio terzo romanzo è stato presentato e lanciato. La ristrettezza dei tempi impedì di tratteggiare gli elementi di rilievo nel libro.
Per questo, riporto integralmente l’intervista che si svolse solo parzialmente.
Domanda. Di cosa parla il tuo romanzo?
Tutto parte da un efferato omicidio in un ristorante di tendenza in riva al mare, a Viareggio.
La comunità locale è scossa, viene chiamato a guidare le indagini il vicequestore Gabuzzi, capo della squadra scientifica investigativa di Firenze.
Le indagini saranno difficili, perché l’apparente natura passionale contrasta con l’accuratezza delle modalità dell’assassinio.
Così, addentrandosi nella realtà locale, verranno a galla più ampie trame che si intrecciano con il delitto originario.
La soluzione arriverà dopo articolate investigazioni, introducendo personaggi, gruppi, situazioni spesso inaspettate.
Domanda. Il tuo è un giallo. C’è un tema a ispirarlo?
La consapevolezza della complessità.
A situazioni complesse non esistono risposte facili.
Viviamo in tempi nei quali tutto è divorato dalla fretta, ogni esperienza brucia in attimi fugaci, facendo ripartire alla ricerca di altre sensazioni, possibilmente forti. Ma la realtà è multiforme. Cogliere le sfumature è necessario per capire. Dobbiamo recuperare la ricerca della profondità, il tempo della riflessione.
L’arte della profilazione è questo. Un’arte forse più che una scienza, certo non una scienza esatta. Di chi non si accontenta di risposte banali. Di chi si inquieta delle contraddizioni e non cerca scorciatoie. La carriera investigativa di Gabuzzi si snoda tra pressione dei magistrati inquirenti e colleghi che vogliono soluzioni lineari. Diomede Gabuzzi arriva a risolvere i casi prendendosi rischi, valorizzando coincidenze e input non convenzionali, affrontando depistaggi. Soprattutto: analizzando gli intrecci che, non per caso, vedono i delitti su cui indaga come fili di trame più ampie. Un poliziotto scomodo e brillante, che sa conquistarsi spazio d’azione e ha il coraggio d’andare controcorrente. Con un’attenzione alla dimensione umana che lo rende al tempo stesso fragile e saldo.
Domanda. Parlaci, allora, del protagonista
Diomede Gabuzzi è il mio investigatore. Di lui ho già pubblicato due indagini, questa è la terza. Molte altre lo impegneranno. Alcune già scritte, in attesa di pubblicazione, altre, anche degli anni giovanili, di cui ho pronte idee ed appunti.
Modenese, degli emiliani ha la concretezza e l’ottimismo. Ha una vita sentimentale resa difficile dalla timidezza che in gioventù gli precluse avventure sentimentali e che, nella maturità, gli fa apprezzare soltanto relazioni intense e profonde. A Viareggio troverà l’amore.
Ha un grande senso dell’amicizia, che lo porta a selezionare i rapporti.
Valorizza il lavoro di squadra.
Ha mentalità aperta e sa battersi per difendere le sue idee.
Ha sviluppato le capacità di profiler e, a Firenze, dove giunse con la nomina a vicequestore aggiunto, è stato incaricato di formare e guidare la Squadra Scientifica Investigativa, una struttura agile che utilizza tecniche di indagine avanzate e talora non ortodosse. Per lui la ricerca del movente è la chiave dei delitti, ma non disdegna di valutare dettagli e particolari apparentemente casuali.
Domanda. Qual è il tuo stile?
Molto personale. Non ricalco modelli. Soprattutto non mi piace obbedire a schemi che privilegiano il ritmo e introducono colpi di scena a cadenze fisse.
Descrivo situazioni con l’esplosione dei particolari, quasi fossero scene cinematografiche. Non videoclip, rifuggo la frenesia. Porto il lettore dentro il quadro, gli faccio vedere gli attori nell’aspetto, nei gesti, oltre che nel dialogo. E poi aggiungo l’approfondimento psicologico, i pensieri e i dilemmi dei protagonisti.
I miei sono gialli di ricerca del senso delle vicende. Non sfido il lettore a snidare il colpevole, ma lo conduco alla costruzione dell’indagine, all’analisi degli indizi, all’esame dei dubbi, allo scandaglio delle motivazioni dei comportamenti.
Lo sviluppo della narrazione è un crescendo. Una storia che inizia minuta acquista sempre nuovi elementi, introduce nuovi attori. Rileggendolo, mi sono accorto che l’andamento di Delitti e ricette ricorda il bolero.
Le mie storie sono viaggi di scoperta e di continuo rilancio dello sguardo oltre l’orizzonte. Dove l’epilogo è l’introduzione a nuove domande, alla possibilità di una nuova storia.
E poi posso vantare la coerenza nello sviluppo della storia. Nonostante un vivace intreccio di vicende, non ci sono sbavature.
Domanda. Colpisce, nel tuo romanzo, l’originalità dei nomi propri. Perché questi strani nomi?
È un mio vezzo, ma non soltanto questo.
Scelgo nomi poco comuni per due ragioni.
Da un lato per incuriosire il lettore e perché, se la storia lo intriga, possa ricordare il protagonista: Diomede non si confonde con nomi più consueti.
Dall’altro perché i nomi hanno un potere evocativo. Li cerco più nella mitologia che nelle icone moderne. Questo consente di inserire riferimenti che arricchiscono la narrazione. Come, in Delitti e ricette, l’incontro tra Glauco e Diomede, che riecheggia un canto dell’Eneide.
Inoltre, mi diverte scoprire nomi (reali) che non conoscevo. Nel romanzo che presento ho fatto di più, inventando due nomi che sono la fusione di altri: Ludomino e Frangelsa
Domanda. Nel romanzo introduci una figura ambigua: Sara Sirarella. Qual è il suo ruolo?
È uno dei personaggi più eclettici e interessanti tra quelli incontrati da Gabuzzi.
Giovane imprenditrice napoletana, è fuggita dal padre camorrista.
Intelligente, carina e vezzosa, intraprendente.
Sa molte cose, anche sulle iniziative della malavita in Versilia.
Propone una sorta di alleanza a Gabuzzi, ma i suoi veri fini restano misteriosi.
Collaboratore occulto delle forze dell’ordine o, a sua volta, colpevole di reati ben nascosti?
Il rifugio che ha costruito sotto il suo pub contiene segreti, rivelatori di vizi insospettabili e parziali risposte.
Enigmi insinuati tra le occulte trame delle gang locali.
Domanda. Tutto si svolge in Versilia. Quanto conta lo sfondo ambientale per te?
Ho scritto questo romanzo anche come atto d’amore per Viareggio, la città che ho scelto per vivere una vita buona. Viareggio è stupenda, anche se non manca di contraddizioni. La Versilia, che la comprende, offre visioni e situazioni d’incanto.
Le inquadrature che descrivo sono traduzioni della mia esperienza diretta. Fanno parte della storia, perché tutte le storie rispecchiano la sensibilità dell’autore.
Delitti e ricette – Ed. Portoseguro FI – giugno 2021
Per l’acquisto:
è possibile richiederlo in libreria, dove potrà pervenire dopo qualche giorno. Valorizzare le librerie è importante: sono un presidio della cultura nel Paese.