Barbara Baraldi – Il fuoco dentro

Janis Joplin: un romanzo di furia e desideri perduti

Janis Joplin, per la mia generazione, è un mito. Una goccia incandescente di voce rock nell’universo del rifiuto di un mondo chiuso e bigotto, vecchio. Eravamo giovani. Anche chi, come me, non era un beatnik, sentiva in quella musica di ribellione il richiamo di cieli aperti e di libertà, il rifiuto del conformismo, un anelito di fratellanza e il diritto a vivere la fantasia.

In parallelo c’era il risveglio della politica, vissuta come movimento inteso a rovesciare la cultura, ad affermare la giustizia sociale, a cancellare segregazione, razzismo, guerra, sopraffazione dei forti sui deboli.

Nella parabola di Janis Joplin vedemmo, quando giunse alla fine, quanto era difficile affermare nella realtà quelle belle speranze, quelle utopie giovanili.

Come lei, Jimi Hendrix, Jim Morrison: tutti morti – forse per overdose, ma non è certo fosse così – nel giro di pochi mesi, tutti appena ventisettenni.

Nel 1970, da giovane studente, ricordo che il 19 settembre il quotidiano Lotta Continua uscì con la foto in bianco e nero a sovrastare questa didascalia: Jimy Hendrix. Suonava la chitarra come un Dio. Morto per overdose. Con lui i padroni hanno vinto.

Ecco: lo spirito con cui si saldava la voglia di rivoluzione e la musica dei giovani.

Vedendo annunciare il libro dedicato da Barbara Baraldi alla ribelle texana che lasciò presto la sua città, quasi fuggendo, fremetti nell’attesa. Il tema mi affascinava e conosco la bravura letteraria dell’autrice, eccelsa narratrice di thriller, capace di creare personaggi duri e disperati, prede dei loro fantasmi.

Ma una domanda accompagnò l’attesa: cosa aveva spinto una narratrice dell’oscuro ad accostarsi a una rockstar di un tempo diverso dal suo?

Resto senza risposta. La nota con cui Barbara Baraldi chiude il libro parla di una scintilla e una sfida. Ma non dice perché Janis. Salvo spiegare, a posteriori, quanto sia stata conquistata dalla vita di questa diva / perdente, lacerata tra l’ebbrezza del palco e la miseria delle relazioni, sentimentali e umane.

Con lei, dice l’autrice, è nato un senso di fratellanza, scavando orrori che sono ancora con noi: il bullismo, il disprezzo per la diversità, la grettezza, l’odio che secerne calunnie.

Così Baraldi ha raccolto tutto ciò che poteva parlarle di Janis: libri, documenti, musica, registrazioni, interviste, filmati.

Ha potuto scendere negli abissi della sua vita e sulle effimere vette del rapporto emotivo con il suo pubblico.

La penna della Baraldi sa attingere all’intensità dei momenti, alla profondità della solitudine, al desiderio autodistruttivo di scavalcare la negazione della felicità.

Con la medesima maestria letteraria dei suoi migliori thriller riesce a evocare la potenza e l’originalissima melodia di una voce inimitabile, quel canto che Janis ritmava battendo forte i piedi sui palchi e lanciando occhiate ammalianti sui musicisti che la accompagnavano, stregando il pubblico quando piegava la testa e le note sgorgavano, furenti e impastate di sentimento, dalla gola vellicata e urtata dall’alcool.

Non è un biopic.

Come rivela, Barbara Baraldi dagli elementi biografici ha ricavato un personaggio. Non era importante ricostruire una verità storica, ma far vibrare i contenuti dei desideri e delle realizzazioni che rimangono. Perché non stinge la sua musica e ancora vivono le imperfette, perdute e sognate, allegorie di ciò che credeva possibile.

Una biografia avrebbe dovuto inquadrare i fatti nella cornice storica, riflettere sui travagli di una generazione che voleva trasformare il mondo e solo in parte – certo non la palingenesi che allora pareva l’obiettivo minimo – c’è arrivato, infine disgregandosi in mille diversi ricoli.

Non è l’intento né la vocazione dell’autrice.

Il romanzo (perché così credo si debba classificare) è il racconto della dimensione di un personaggio scomodo ed emblematico.

Merita leggerlo non per riscoprire Janis – che i suoi tanti ammiratori già conoscono e tengono nel cuore – ma per attraversare con lei, nella versione che ci viene offerta, la sofferenza e l’esaltazione, i momenti di trionfo e le umiliazioni, la corsa verso la fine.

Da percorrere d’un fiato, dalla prima all’ultima pagina, con la tensione ininterrotta che è la cifra dello stile di Barbara Baraldi.

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