
Ogni presentazione fa storia a sé. Diventa un’occasione per scoprire aspetti legati al romanzo sui quali prima non si era riflettuto.
Alla Biblioteca Comunale di Viareggio, stimolato dal come sempre arguto Umberto Guidi, iniziai spiegando – forse a me stesso per primo – quale fosse la ragione per cui scrissi “Nero come la moda”.
C’era, al pari degli altri romanzi, il desiderio di inventare una storia, di far nascere e incontrare personaggi.
La trama poliziesca, o noir, come la interpreta Umberto Guidi, mi serviva, tuttavia, per coinvolgere i lettori su un tema di forte attualità: l’inquietante pervasività della comunicazione via social e il rischio che, attraverso la rete, siano operate manipolazioni delle opinioni e dei comportamenti degli utenti.
Ho cercato di rappresentare questa preoccupazione descrivendo un’operazione criminale all’interno del mercato della moda pronta.
Forse la chiave sta in una considerazione che ho fatto esprimere dalla mente del pool giudiziario che gestisce le indagini.
“C’è un confine sottile tra convincere e abbindolare. Per dare verità giuridica alla realizzazione della seconda ipotesi, agiremmo su capitoli penali assai labili e incerti.”
Perché, come spiego nella presentazione pubblicata sul mio canale Youtube (che si può vedere al link riportato sotto) due miti vano sfatati:
la privacy – in rete non è possibile difenderla, al di là delle garanzie legali formalmente rispettate;
la democrazia – vero che ciascuno può intervenire e pubblicare il suo pensiero, ma il valore del post (cioè l’effettiva capacità di diffondere e far condividere il proprio) dipende dal potere di influenza, consolidato da pratiche tecnologicamente evolute e da disponibilità di mezzi (finanziari, comunicativi, relazionali). Sicché uno vale uno, ma alcuni valgono multipli, incommensurabilmente più forti.
Il confine tra letteratura di genere e mainstream, come quello tra saggistica e narrativa, può essere sottile.
Scrivere (e leggere) per divertirsi, ma anche per interrogarsi sul presente e sul futuro.