
Questa è una storia vera, anche se pare una puntata di “Scherzi a parte”.
Ricevo una nota di addebito INPS per contributi da lavoro domestico riferiti al secondo trimestre 2017.
Davo lavoro a una domestica che licenziai il 31 marzo 2017, per la quale avevo regolarmente pagato tutti i contributi sino all’intero primo trimestre 2017.
Temendo le frequenti imperfezioni burocratiche, rispondo on line – compilando l’apposito modulo allegato all’addebito – ricordando di aver comunicato l’esatta data di cessazione e che, pertanto, nulla dovevo per il secondo trimestre, essendo cessato a marzo il rapporto di lavoro.
Stamane ricevo una telefonata da una funzionaria di “INPS risponde”. Gentile e precisa, mi conferma che le mie comunicazioni erano regolari… ma che i contributi colf sono settimanali e i relativi obblighi contributivi si perfezionano di sabato. Caso vuole che l’ultima settimana di marzo 2017 si sua chiusa con il sabato 1° aprile!
Comprendo al volo. Chi si ricordava di controllare quando cadeva il sabato della settimana di conclusione del rapporto di lavoro?
Ho torto. Scivolo sul sabatario, che coincide con un perfetto pesce d’aprile!
Uno smacco per chi, come me, ha diretto per molti anni l’area Entrate contributive dell’INPS piemontese.
Tant’è. Vale la frase finale di A qualcuno piace caldo, quando il miliardario innamorato della finta Daphne risponde a Jack Lemmon, che confessa d’essere maschio: Nessuno è perfetto.
Ammetto il torto.
Pago.
Non sia mai che alla mia domestica manchi una settimana di contributi per un 1° di aprile ballerino.
Viva la regolarità contributiva. E, proprio per questo, abbasso la rottamazione delle cartelle e i tanti, troppi condoni più o meno mascherati che continuano a esser riproposti.
Chi vuol essere in regola paga sino all’ultimo centesimo, incluse le sanzioni anche in casi, come quello che ho descritto, nei quali la buona fede è palese. Giusto così. Non discuto, non mi lamento.
Ma intanto quanti intenzionalmente non pagano trovano scappatoie e vie d’uscita che li lasciano indenni. Ancor più quelli che nascondono del tutto le loro attività e guadagni.
Contro questo scandalo, che colpisce i redditi di chi li denuncia alla luce del sole e che toglie risorse ai servizi pubblici, c’è ragione di protestare.
Viva l’Italia, senza plauso a chi la sgoverna appoggiandosi al consenso di cittadini che preferiscono dimostrarsi più furbi che onesti.