Irriducibile: La coscienza, la vita, i computer e la nostra natura

Federico Faggin è l’inventore del microprocessore. Scienziato di fama mondiale, imprenditore, lasciato l’impegno diretto nell’industria tecnologica iniziò a interrogarsi sulla natura della conoscenza.
Figlio di un filosofo, le sue riflessioni partirono da una profonda insoddisfazione per lo stadio d’approdo del pensiero scientifico e, come spiega nel libro qui recensito (e nel precedente (intitolato Silicio. Dall’invenzione del microprocessore alla nuova scienza della consapevolezza) perché le grandi soddisfazioni raggiunte nella sua carriera, cui aveva finalizzato l’intera vita, non lo rendevano felice.
Da allora, nell’incendio dell’anima di uno stato eccezionale in una notte del 1990, in Faggin sbocciarono uno stato spirituale di gioiosa pacificazione e la consapevolezza che la verità può essere indagata soltanto nell’identificazione tra l’osservatore e ciò che è osservato. Alla fine, risolse che il mondo è un’unità nella quale ogni essere senziente è parte e tutto.
Da lì si avvia l’excursus dello stato delle conoscenze scientifiche, la critica all’insufficienza del riduzionismo meccanicistico che retrocede la realtà alla sua descrizione, scambiando il significato per i simboli che tentano di rappresentarlo.
Attraverso una ricognizione dei criteri interpretativi della fisica classica, raffrontati alle nuove frontiere della meccanica quantistica, l’autore constata che ancora non si è giunti a una teoria generale in grado di unificare quella quantistica dei campi e la relatività generale.
Ne deriva che se il sapere scientifico è incapace di afferrare la natura della vita, che è variabile e irriducibile a leggi di prevedibilità assoluta, la verità va ricercata partendo da un diverso approccio.
Per Faggin “La vera intelligenza è intuizione, immaginazione, creatività, ingegno e inventiva. È lungimiranza, visione e saggezza. È empatia, compassione, etica e amore. È integrazione di mente, di cuore e di azioni coraggiose.”
Le macchine possono sviluppare equazioni e algoritmi a velocità e di complessità impensate, ma non potranno mai possedere la coscienza, quindi mai saranno vive.
Coscienza e libero arbitrio sono i caratteri che connotano la vita, che sola può generare altra vita.
Ed ecco che la seconda parte del libro ci proietta in quella dimensione spirituale che fonda l’esistenza del mondo e il suo divenire come atto della conoscenza di sé di Uno, così definendo l’universo in sé, nel quale tutti gli esseri senzienti concorrono all’evoluzione, anche costruendo processi di scambio e comunicazione tramite l’informazione “viva”.
La definizione dei concetti e la profondità di analisi sono spesso spiazzanti: tutto pare molto semplice ma infinitamente complesso.
A me la lettura ha restituito molte più domande che risposte. Ma, in fondo, filosofia e scienza, nell’unica certezza dell’imperfezione, non hanno proprio il fine educativo di muovere al dubbio, a interrogarsi per cercare la verità, sapendo che potrà essere avvicinata (e mai afferrata compiutamente) soltanto per approssimazioni successive?
Il protagonista di un mio romanzo giovanile trovava due domande per ogni risposta. È nella mia indole l’irrequietezza della ricerca continua.
Il saggio di Federico Faggin ha il merito, oltre al pregio della chiarezza divulgativa e della ricchezza delle riflessioni, di comunicare sensibilità e serenità. Già questa è una ragione per leggerlo.
Deve essere molto interessante. Io, praticando Yoga da molti anni, in questi ultimi sto approcciandomi anche all’Ayurveda. Dalla tua recensione ho trovato delle affinità proprio con l’introduzione al libro che ho iniziato a leggere ieri in materia.
Terrò presente questo tuo consiglio, non è escluso che riesca a leggerlo prima o poi.
Grazie e buon tutto.
Stefi