Detto all’inglese. Non per moda, ma per efficacia nella sintetica formulazione anglosassone.
È sempre bello ricevere gli auguri, segno che gli amici ti pensano, che ti ricordano, che quel che hai offerto in sensibilità attenzione, scambio, proposta, vicinanza, ti ritorna in affetto.
Ringrazio chi mi ha dato questo segno, nelle varie forme che ciascuno ha voluto trovare.
Passai il giorno del compleanno tra una visita agli Uffizi, le delizie di un ristorante storico che rivisita la cucina fiorentina tradizionale, una passeggiata nel centro di Firenze. Vivere vicino ad una città formata di bellezza e di storia, di elegante armonia e di cultura è uno dei tratti che compongono il mosaico della mia nuova vita e che mi confermano vincente la scelta di trasferirmi a Viareggio.
La sera, rientrando a respirare la brezza marina, assaporo quanta felicità si possa trovare nelle piccole, immense cose di una quotidianità restituita alla misura dell’umano.
I compleanni non sono candeline su una torta, sono pietre miliari nel cammino dell’esistenza. Ci permettono di guardare la strada percorsa e di apprezzare le esperienze che ci hanno portato dove siamo, di raccogliere la ricchezza dei successi, degli inciampi, della continua ricerca che ci rende più autentici. Ci aiutano a volgerci al domani, alle tante cose che ancora vorremo vedere e provare.
Sapendo esprimere l’ottimismo nel futuro, comprendendo che è invano interrogarsi sul senso della vita, perché – come mi insegnò un antico maestro – la vita è un senso.
Tutto dobbiamo affrontare con la capacità di coglierne i germi del progresso, dell’evoluzione possibile. Anche con il personale contributo.
Nonostante la confusione e le paure che se ne alimentano intorno a noi. Nonostante il tramonto di una sinistra nella quale è aperta la gara a riesumare feticci di un secolo che non c’è più, in un rinfacciarsi di aver lasciato cadere valori che non hanno più base, in una farsesca rincorsa a chi guarda più indietro. Nonostante ai valori della politica alta si sostituisca la somma di egoismi e tribalismi, magari ammantati di icone tecnologiche – con il mezzo che sminuisce il contenuto fino a sostituirlo – e alimentati dalla speranza in miraggi salvifici.
Il mondo rotola avanti. Prima o poi qualcuno riuscirà a interpretarne la deriva, a tracciare una rotta.
Intanto continua a domandarmi, ammirando l’architettura rinascimentale simboleggiata da Piazza della Signoria e dal centro che la circonda, come non si comprenda che rimettere la cultura, il territorio, le città, l’ambiente, al centro di un grande progetto sarebbe la risposta più forte, a migliorare la vita delle comunità e a generare un rinnovato sviluppo in grado di rispondere all’economia ed alla civiltà.
Partire da questo, da un disegno di elevato profilo, leva di un mutamento di scenario a tutto campo, potrebbe superare le deboli e spesso irrealizzabili risposte parziali con le quali la politica di corto respiro cerca di captare consensi settoriali, esasperando e non favorendo una dialettica positiva intorno ai conflitti che attraversano la società.
Ancora grazie a chi mi ha pensato ieri. E buona vita a tutti.
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