Cerchiamo d’essere antitendenziali. Le feste tradizionali le trascorriamo per conto nostro. Anna e Giorgio, Anna ∞ Giorgio. Siamo felici insieme, ci inventiamo lo spartito di nostri personali concerti.
Questa è una Pasqua diversa. Per tutto il mondo. Stiamo appesi a un destino dai contorni ancora molto indefiniti.
Lo scorso anno arrivammo a Pasqua dopo una lunga crociera transatlantica e festeggiammo la ricorrenza con un pranzetto nella corte della nostra viareggina.
Ora ci arriviamo chiusi in casa da circa un mese, con tutte le programmazioni di viaggio rinviate sine die.
Stare a casa non è controtendenziale, ma obbligato. Per noi come per tutti.
Ma vogliamo esser allegri e ottimisti. Siamo fortunati: perché comunque viviamo in località di mare e l’aria buona arriva, perché abbiamo la corte che ci consente di stare all’aperto, perché il tempo è splendido, il sole è caldo, la primavera impazza.
Improvvisiamo una vera festa.
Sarà il ristorante Home. Prima di prendere il vento. Casa nostra.
Brindisi con calici e champagne!
Il menu è da sballo.
Gamberoni alla piastra: il gusto del mare esalta la dolcezza della polpa compatta e quasi croccante.
Ravioli di merluzzo con pasta al grano saraceno. Una sorpresa per la cottura, che tiene a meraviglia. Conditi con sughetto al limone e acciughe (il peperoncino è abbondante, ça va sans dire).
Lo champagne innaffia tutto il pranzo.
Chicca finale! Anna si supera, con una pastiera fit suggerita da una blogger, che lei varia con innesto toscano, sostituendo la farina di riso a quella di grano. Deliziosa!
Sullo sfondo, la colonna sonora che accompagnò la nascita del nostro amore: canzoni di Ivano Fossati, profondità poetica e rock cantautoriale.
C’è sempre un modo per celebrare la gioia di amarsi e di vivere.
Camminando, correndo, danzando, incontro al futuro.
Arrivo tardi a legger Tobino. Con la difficoltà di una scrittura datata, di sostenere l’assalto di uno stile ridondante. E la consapevolezza che quel che narra è ormai in parte perduto, sommerso e travolto dai fatti che seguirono.
Sulla spiaggia e al di là del molo è spumeggiante narrazione del sorgere e affermarsi di una comunità cittadina con poche radici, molto ardimento, quasi insensato viver alla giornata creando, incredibilmente, qualità elevata dall’inesperienza e da quella strana “ignoranza” che ancor oggi i viareggini indicano come loro caratteristica, con una implicita ironia che attribuisce al sostantivo un significato diverso e lontano dal vocabolario. Così come la superficialità e il tanto ciarlare sono imperfette manifestazioni della bonomia e della solidarietà attenta, l’ignoranza esprime la volontà di affrontare gli impegni senza i vincoli delle convenzioni e senza troppo preoccuparsi delle conseguenze.
Tobino racconta la nascita di Viareggio, il fremente e illuminante passaggio delle tre giornate di incompiuta rivoluzione del 1920, illustra le figure di personaggi emblematici e dipinge gli archetipi dei popolani (marinai, calafati, mogli, ragazzi del Piazzone), fino a concludere con note malinconiche sul declino della bellezza e l’arrivo della cementificazione omologante che toglierà alla città parte importante del suo fascino.
Dentro la sua prosa esuberante, Viareggio pare una piccola Australia: costruita da genti che lasciarono luoghi in cui conducevano vita grama, resero quella terra prima inospitale una scoppiettante realtà in cui tutto cresceva vitale, un po’ disordinato, ma creativo e vincente, guidato da orgoglioso spirito d’indipendenza.
I cantieri che riuscirono a varare navi tra le più belle e funzionali alla navigazione furono la metafora dell’ascesa e della crisi della città, mettendo in crisi le professionalità tradizionali degli artigiani quando i motori presero a dominare i mari.
Leggendo Tobino si arriva a lambire lo spirito dei viareggini, in verità più chiusi di quanto appaiano al primo incontro, rumorosi esecratori di sé stessi ma in realtà orgogliosi della propria terra e della propria comunità, tanto da rendere coscienza comune un verso di Tobino che recita: Viareggio […] in te son nato, in te voglio morire. Lo stesso che si legge sul muraglione del molo, altro simbolo della città.
Il libro venne pubblicato nel 1966, raccogliendo note e ricordi rielaborati dei diari dell’autore.
Restano attuali le radici culturali, ma le stagioni successive, con il successo della balneazione e della Versilia felix hanno certo stemperato la vitalità e il legame con i valori comunitari. Il periodo della ricchezza ha fiaccato l’originalità e si colgono ora stanchezza, molle adagiarsi su vecchi allori, rifiuto di confrontarsi con le nuove dimensioni del globalismo e della modernità.
La distruzione che Tobino identifica nell’edificazione di Città Giardino ha scavato profonda, una frattura nell’identità, che lascia ancor oggi attonita la vecchia perla del Tirreno e chi, ancora amandola, la abita.
Al Centro Matteucci di Viareggio è stata allestita la mostra “L’eterna musa”, aperta fino al 3 novembre 2019. La scelta espositiva vuole illustrare il fascino della donna fuori dalle ricorrenze iconiche, mitiche e archetipiche con cui solitamente l’arte narra di donne in qualche modo eccezionali o simboliche. Nei quadri, selezionati tra produzioni dell’Ottocento e del Novecento, il filo conduttore è la femminilità nella normalità. Così si può apprezzare il valore delle donne attraverso la vita reale, senza filtri metaforici. Ne vien fuori una rassegna di volti e corpi e atteggiamenti che coinvolgono lo spettatore parlando delle donne come davvero sono, con il fascino della loro interiore forza e bellezza, consapevoli e orgogliose del loro ruolo. Donne dalla personalità stagliata, assai più autentica che ricercata.
Giuseppe De Nittis: In vedetta
Domenico Induno: Maternità
Renato Natali: Donna con pappagalli
Piero Nomellini: Ciociara
Felice Casorati: Nudo con tenda rossa
Francesco Hayez: Ritratto di Elisabetta Bassi Charlé
Bella, la scelta di concludere la stagione estiva dei
concerti nel Giardini di Villa Paolina con l’esibizione dei giovani allievi
della scuola Xiya International Piano di Jiangning (Nanchino).
I ragazzi e le ragazze ci hanno regalato non solo saggi di pianoforte,
ma anche pezzi cantati e strumentali.
A dimostrazione che la musica è una magia d’emozioni che
attraversa confini e culture, i giovani arrivati dalla Cina si sono cimentati
con Puccini e, per la parte strumentale, con Mozart e Schubert.
Accanto a questi scampoli di cultura europea hanno voluto, con merito, proporre composizioni di autori cinesi e sublimare la serata con musica della loro tradizione, aprendo con “Fiori di Gelsomino” e chiudendo, ancora in coro, con “Io e la mia patria”.
Oltre alla maestria puntigliosa delle esecuzioni, colpiva l’entusiasmo
di questa compagnia di giovani, virtuosi e ancora in formazione, nel trovarsi
immersi in un contesto dalle cui radice nasce quell’immenso patrimonio
melodrammatico che tanto successo riscuote a ogni latitudine, anche fin nelle
lontanissime contrade che videro i fasti del regno di mezzo.
Culture millenarie che si incontrano, nel segno della
curiosa attenzione alla storia, alle tradizioni, al comune desiderio di una
modernità che salvi la meraviglia delle arti e ne faccia fondamento dell’amicizia
tra i popoli e le nazioni. Per un mondo più sereno, lanciato con ottimismo
verso un futuro di armonia, pace e bellezza.
W.A. Mozart: Concerto K 216 – Piano: Zihihao Wang, Violino: Qi Dai
Oggi s’è aperta una mostra a Villa Paolina di Viareggio. Dedicata
al mito e leggenda di Napoleone Bonaparte, il grande imperatore e condottiero
francese, fratello della Paolina che quella villa possedette e usò.
Una bella selezione di pezzi d’epoca, a illustrare il grande
corso.
La mostra si deve al talento e alla passione di Renata
Frediani, collezionista ed esperta dello stile impero. Il suo gusto offre una
rassegna elegante e di sicuro interesse per gli studiosi e chi ama arte e
storia.
Il comune di Viareggio ha meritoriamente contribuito all’organizzazione,
mettendo a disposizione la sede che ospita i cimeli, nella quale si può godere
anche dei saloni della principessa Paolina, con abiti e arredamento d’epoca.
Un buon modo di esaltare il valore museale della villa.
La mostra resterà aperta sino al 19 gennaio 2020.
La cultura della città versiliese che ho scelto per vivere ne viene arricchita.
Il Codice napoleonico tradotto in italiano
Ritratto in gesso di Paolina Bonaparte, ritratta come Venere vincitrice, liberamente riprendendo l’originale di Antonio Canova Ritratto in porcellana di Napoleone Bonaparte. Manifattura francese di Sèvres Ritratti di Napoleone Bonaparte. Collezione Frediani Ritratto di Napoleone a Sant’Elena. Incisione. Manifattura francese
Il tramonto incendia le nubi ai piedi dell’orizzonte, mentre al lato opposto la luna al perigeo si staglia romantica quanto forte e si impadronisce del cielo sopra piazza Mazzini.
Il suo lucore risplende attraverso gli zampilli della
fontana e risalta nitido dietro alle foglie lunghe e rassicuranti delle palme.
La sera presenta un quadro stupendo sulla nostra bella città.
Tento qui una personalissima valutazione delle costruzioni in gara per il Carnevale 2019.
La discussione è aperta, come ogni anno, tra sostenitori e semplici spettatori (io sono tra questi ultimi…).
Prima categoria
Sotto il profilo strettamente artistico, vedo svettare su tutti “Medea” di Avanzini. La perfezione del volto, con le sue sfumature dorate e quei sipari lenti a scoprirla e celarla, esprimono un raro potere evocativo. La recita sulla plancia è svolta con i tempi e gesti che ne fanno un teatro ammagliante. Se si votasse soltanto il carro, a prescindere da coreografia e contenuti, meriterebbe di vincere a mani basse.
Una nota particolare di merito va a “L’ultima Biancaneve” di Allegrucci. Della costruzione va lodata l’animazione, capace di dipanare la sequenza del risveglio della strega che arriva a offrire la mela alla giovane, fino a indurne la morte, per un tempo dilatato che lentamente avvince, con movimenti ben calibrati che legano a seguirne l’avanzare.
Impressiona per la carica di moderno flagello il “Pa-drone” di Galli. Forse la sagoma di Trump, con la sua mascella quadrata e l’improbabile ciuffo di falso biondo, è abbastanza facile da disegnare, ma la scelta di inserirla dentro una narrazione fantascientifica e brutale, arricchita dalla danza corale dinanzi al carro, con magnifici costumi, conquista l’attenzione e la curiosità.
Altra nota di encomio la assegnerei a “Per chi suona la campana” di Lombardi, per l’efficace ed esteticamente inappuntabile costruzione dei quattro cavalieri dell’Apocalisse. Anche gli altri cinque carri sono notevoli per sforzo di fabbricazione e ideazione, ma, sempre a mio parere, restano inferiori a quelli che ho citato.
Seconda categoria
Qui è davvero dura scegliere chi premiare.
Come già nei due anni precedenti, abbiamo opere che
sarebbero già adatte a gareggiare nella categoria superiore.
Tutti e cinque i carri in concorso mostrano tratti da elogiare.
La mia personale opzione privilegia “Freedom”, per la purezza dell’immagine centrale, una Emma Bonino fiera e dolce, splendida insegna della donna consapevole del suo ruolo nel mondo e nella società. Ipnoticamente magico l’ondeggiante velo che rappresenta l’aprirsi della crisalide nel gruppo scenico che precede il carro.
Di bellezza algida e scultorea “La zattera”, con il suo gruppo che si regge sul legno incerto. Unico limite una relativa freddezza, perché la tragedia dei naufraghi scossi tra le onde e impossibilitati a raggiungere la salvezza quasi scompare, troppo lontana, nel colore e nello spazio dalle figure centrali.
Per ultima, una citazione a “Prison”, della quale il contenuto si comprende soltanto ascoltando la presentazione dello speaker, cui va tuttavia riconosciuto l’impatto visivo forte e quasi traumatico. Buono, anche solo così, a muovere inquietudine e attenzione.
Il viale è già animato nelle due direzioni. Pieno Carnevale!
L’inizio del Carnevale è un giorno vibrante di attesa ed
emozioni.
Sabato 9 febbraio.
Viareggio si ferma e si precipita sul viale a mare per
assistere alla prima sfilata dei carri e delle maschere.
La pioggia bagna il piazzale poco dopo il mezzodì. C’è
apprensione e si fanno gli scongiuri.
Le più belle speranze saranno premiate.
Il cielo resterà grigio e minaccioso, ma smetterà di
piangere le sue lacrime sulla folla. La sfilata potrà scorrere, iniziando in
anticipo e rallentando i ritmi, così che con un solo giro si arrivi fino alla
vigilia dello spettacolo pirotecnico della sera.
Si bagnano majorettes e orchestra, poi i carri e le
maschere scamperanno all’acquata.
Si perde la possibilità di vedere i colori delle costruzioni
nella luce vivida del sole e gli ultimi arriveranno su piazza Mazzini (o
meglio: sul piazzale delle Maschere) con le luminarie tutte accese.
Ma anche così possiamo godere delle invenzioni e della
varietà offerte dagli artisti della cartapesta, eredi dei maestri d’ascia che
un tempo allestivano gli scafi in legno delle navi.
Per me è il terzo anno.
Ormai sento il clima nervoso e gioioso che prepara l’avvenimento.
I coriandoli che prendono a scorrere più veloci nel sangue, come si
rappresentano i nativi di Viareggio.
Per loro il Carnevale si vive dall’interno (sui carri o
nelle coreografie, o nelle mascherate che sfilano) o comunque con un rapporto
quasi fisico con le creazioni, restando sul viale, vicinissimi alle stesse.
Io percepisco e sono coinvolto dall’evento, dalla stagione
carnascialesca, ma resto a relativa distanza, cogliendone il lato artistico
prima che quello scherzoso.
Per questo, come ogni anno, da quando scelsi di vivere in
questo splendido angolo tirrenico, prenoto una fila alta della tribuna e
osservo con stupita ammirazione lo scorrere delle opere e i gruppi danzanti che
integrano e impreziosiscono i carri più grandi.
Questo 2019 può vantare un livello davvero elevato delle proposte. Oltre ai carri di prima categoria, ricchi ed elaborati, colpisce la qualità dei carri di seconda categoria, tutti e cinque degni della categoria superiore.
L’emozione della metafora: Frida Kahlo con l’indice puntato contro il nemico del progresso Trump
Rinvio al successivo pezzo le mie personali valutazioni
(che interesseranno soltanto quelli che il Carnevale di Viareggio l’hanno visto
o vedranno) che si inseriscono nel dibattito subito acceso, con toni di
autentico “tifo”, nella comunità locale.
Quel che ha valore universale è la capacità di questa festa
briosa e variopinta di scuotere anche i più compassati spettatori.
Finché non venni in questa città il Carnevale per me era
rumore e quasi fastidio, mal sopportavo il “dovere di divertirsi”.
A Viareggio tutto è cambiato e la bellezza e il vigore
del Carnevale si sono impadroniti anche del mio spirito.
La sfilata dei carri è una grande recita collettiva. Ci si
trovano qualità estetica, perizia meccanica, fantasia creativa, partecipazione
di gruppo. Non sempre la satira è all’altezza, non sempre i contenuti riescono
a tradursi nei profili, nelle animazioni e nelle scenografie. Ma questo non è
importante. Il contenuto è soprattutto pretesto per rappresentare la forza dell’estro
inventivo unito alla maestria artigianale.
Forse si esagera a definirlo il Carnevale più bello del mondo, ma innegabilmente è il Carnevale nel quale la passione si alimenta al culmine dell’accuratezza.
In giornate come questa trovo conferma della mia scelta di venire a vivere a Viareggio.
Il mare si scrolla, quasi a volersi riscuotere dalla pigrizia dell’autunno.
Il vento lo gonfia. Ma stamattina il vento quasi non si sente. Soltanto lo scroscio delle onde, dal largo verso la costa, a sollevare spruzzi, a creare disegni effimeri di acque scagliate contro il pontile e il cielo, a portare il profumo e la brezza del Tirreno.
Si resta incantati a seguire il profilo delle linee frementi dei flutti, a cercare di fissare gli attimi nella memoria, a fermarli, in una gara di coordinazione e intuito, in rapidi scatti della fotocamera.