Presentando il romanzo di Gigi Paoli

Ho avuto il piacere di presentare l’ultimo romanzo di Gigi Paoli. Non dico “l’onore” perché non so se Gigi si sentirebbe offeso (preso in giro) o mi riderebbe in faccia. Certo, da buon toscano, mi additerebbe come bischero.

Perché Gigi è talmente simpatico che l’ironia che serpeggia nei suoi libri la spiattella anche quando viene sollecitato e intervistato.

Protagonista di “Diritto di sangue” è l’eroe caustico e insinuante di tutta la serie delle cronache di Gotham: Carlo Alberto Marchi, un alter ego immaginario ma non troppo dell’autore.

Qui il fato l’ha bistrattato oltre il limite. Il grave incidente con cui si concludeva la precedente avventura ce lo restituisce dolorante e costretto a sospendere il suo lavoro al giornale dove seguiva la cronaca giudiziaria. Senonché accade che nuovi delitti riaprano un caso che tocca da vicino Carlo Alberto Marchi, riaprendo la più atroce ferita del suo passato: l’assassinio del padre durante una rapina delle Nuove Brigate Rosse.

Marchi viene richiamato in servizio, ufficiosamente, sia per i contatti che vanta in Magistratura e tra le forze dell’ordine, sia per il suo essere personalmente interessato all’inchiesta in corso.

Nella duplice veste di giornalista (che agisce dietro le quinte) e di cittadino coinvolto nel delitto al centro delle indagini, finirà per scoprire elementi di rilievo, in un rimbalzo continuo di rivelazioni con gli investigatori e gli inquirenti.

Il finale, che ovviamente non rivelo, conterrà una sorpresa, chiuderà un cerchio, ma lascerà margini di mistero, come nella miglior tradizione del giallo votato all’inseguimento del colpevole.

Libro da leggere piacevolmente, in attesa di un successivo episodio delle cronache di Gotham. In chiusura d’incontro mi sono permesso di chiedere a Gigi Paoli di non infliggere a Marchi ulteriori pene. Già fratture e acufene lo costrinsero a cercare rifugio nella morfina (terapeutica… per carità!), risparmiamogli altre sfighe!

La presentazione è corsa via stimolante e divertente. Gigi ha brillantemente doppiato le domande in cui cercavo di metterlo in difficoltà (quelle sul rapporto di Marchi con l’amore e, di riflesso, di Paoli scrittore con i misteri dell’universo femminile) e si è invece abbondantemente concesso sui temi che lo intrigano, come quello del ruolo dell’informazione cui dovrebbero assolvere i giornali dinanzi alla frammentazione e banalizzazione della presunta cronaca veicolata dal web. Una difesa del giornalismo di qualità (di approfondimento e d’inchiesta!) che ho sinceramente apprezzato.

E poi, ci ha rivelato che molte delle spigolature delle sue storie sono null’altro che una rivisitazione di esperienze dirette: così per il rapporto di affetto conflittuale con la figlia, per la descrizione di squarci di Firenze (e dei suoi locali), fino al tormento di incomprensioni con il padre, che riecheggia nella vicenda di Marchi.

Una scelta intenzionale, nella convinzione che i lettori comprendano se chi scrive parla di situazioni e condizioni che conosce. Insomma: fiction costruite su basi solide di cose vissute.

Mi pare giusto concludere con un piccolo assaggio del dialogo svolto nella presentazione.

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