Uno degli impegni più coinvolgenti, difficile ma appassionante, della mia attività presso la Direzione regionale piemontese dell’INPS fu il coordinamento dell’attività di redazione del bilancio sociale, annualmente pubblicato dalla Direzione e dal Comitato Regionale.
La rendicontazione sociale deve consentire ai portatori di interesse (che, nel caso dell’INPS, coincidono praticamente con tutti i settori della popolazione) di conoscere l’impiego e l’impatto delle risorse gestite per la fornitura dei servizi istituzionali che sono affidati all’Istituto.
Quando mi venne proposto di occuparmene, promossi un’estensione della rendicontazione sul versante del servizio di analisi dell’evoluzione della società locale (e della sua economia) attraverso l’elaborazione dell’eccezionale fonte costituita dagli archivi dell’INPS. Grazie al miglioramento dello stato di aggiornamento dei database e alle potenzialità elaborative delle nuove tecnologie di trattamento, tentai di basare questo lavoro sull’universo dei dati e non – come sono soliti i servizi statistici – sulla verifica campionaria.
Mi dedicai a questa attività per sei anni (dal bilancio riferito al 2010, pubblicato l’anno successivo, al bilancio per il 2015, pubblicato nel 2016, ultimo nel quale lavorai nel periodo centrale dell’anno nel quale divenivano disponibili i dati).
Parlo di coordinamento ma, in verità, molta parte del lavoro di analisi la svolsi personalmente e gran parte dei commenti li scrissi direttamente. Ciò precisato, chiarisco che i colleghi citati quali collaboratori fornirono comunque preziosi e importanti contributi di un lavoro che, senza di loro e senza la fornitura di dati dal servizio statistico nazionale, non avrebbe il valore e la profondità che riuscì a raggiungere.
Mi piace mettere a disposizione di chi vorrà vederli, due di quei Bilanci Sociali.
Sono volumi pesanti di cifre e tabelle, ma credo che la loro rilevanza si colga nei commenti, sintetici e senza infingimenti diplomatici, che individuano fenomeni socialmente significativi, per la società piemontese e talora come epifenomeni di problematiche di portata nazionale.
Propongo quello del 2013, del quale segnalo l’analisi sulla dinamica del mercato del lavoro, che tutela le coorti d’età mature e non solo esclude ma schiaccia, respinge ed espelle i giovani. Un andamento che le più accreditate statistiche ufficiali nazionali riconobbero solo l’anno successivo.
Propongo anche quello del 2015, dove si propone una valutazione sull’impatto della riforma pensionistica varata sul finire del 2011 (legge Fornero), che individua i punti di sofferenza ma anche il raggiungimento della fase di assestamento delle sue norme, con il superamento della fase di emergenza.
Sono letture difficili, che riguardano argomenti complessi, ma chi è interessato ai temi potrà trovarvi stimoli di assoluta attualità.